lunedì 1 febbraio 2010

mandala d'occidente - silloge poetica





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Nudo e disposto,

il fondo dell'anima,

trovai ad ardere.








NENNELLA

Nennella se sta a fa' sigurenella,
pe' tramente pazzea cu le cerase,
nu paro pe' sciaquaglie, e s'ingioiella.

E' un gioco villereccio antico assaje
d'intorno al carro di calendimaggio
e po', che degna festa pe' la terra
mia, bella e carreca d'alleria, femmene
scaveze, uommene e le tammorre tonne.

Pazzea, nennella, cu le ceraselle,
dint''e capille s'è misa 'na rosa
'e ciardino, rossa comme curallo
mò mò piscato a mare... e quant'è bella!


***


NERE MURA

Che cosa raccontiamo
quando siamo
sulla scena
di noi poi della rena
che scorre lesto tempo
fra le dita e corre
mai tradita dai suoi vetri
di questo spazio in metri
che misura le prime angustie
e lentamente usura

le trasparenze a dire
tutto il cuore ricerca
della cura all'indigenza
di raccontar amore
quando oscura. Nero
il colore delle mura
intorno al capoverso
della mia scrittura.


***


POESIA

Sulla fronte dell'uomo tracciata di luce,
si legge il numero fisso del perdurare;
della presenza; il numero del trasporto e del volo.
Questo perché nessun attenda poesia spartiacque,
quale non sono né avventure conclusive ma pure
le lettere che leggi, cifre sacre sono.
Parola per parola, celebrando l'entusiasmo in bianco e nero
vergato come scritto e l'impressione
di una sottile funzione subliminale: un numero,
il segno, ed io mi manifesto: sono
poesia che narra un tempo, privo di senso
ma carico di senno nei simboli i sigilli
e poi, mio spirito lieve, sii lesto.


***




















Ci salva la pazzia

quest'amore irredento
per le cose astratte
nell'alito del tempo
che ripercorre dentro
come vento maestro
turbina e squassa
la soglia inquieta
e la stupidità che passa.

(Un capolavoro di conseguenze

la resurrezione chi sa
particolari minimi
assoluti ancillari
se basteranno
divagazioni). Navigo
disagiato a vista
aprendo quell'altro occhio.



***


INTIMITA'

Uso del mare fare mio rifugio
e naufragando, inabissarvi l'indole
o navigando, in un delirio d'albatri.
Sangue salmastro a scorrere le vene
e sale e sole ad affondare rughe.
Lungo il nuraghe ai muri dell'acanto
campo celeste e limite del cielo.

Sono rinato d'acque
che schiarano lo sguardo,
son rete di tonnara
e vela senza tempo
o notte di bonaccia,
urlo di fortunale.
Cuore colmo d'oceano
che palpita infrangendo,
tavola del mio olio,
talora goccia in pianto.


***


























HAIKU NAPOLETANO

L'addore 'e cafè

forte, prufumma e sceta

'na casa sana.


***




























DONNA...


Donna della medicina,
i tuoi occhi di fiume,
le tue erbe e le danze
fra i passi esclusivi,
dove non esiste inganno:

mi asseti le vene,
donna della mia carne,
lungo i fianchi di porcellana,
nella salvezza dalle rovine e
senza vincoli di pietra,
col cuore che trabocca.


***






















IL BARDO NUOVO

Breve favola di bolle di sapone,
narrami la levita', il riflesso -

" le rapide dopo la cascata
divinano armonie:

rapsodie ripide,
come scale polifoniche
risalgono, discendono."

Non tardare nello scorgere le ombre
sulla percezione quando luce,
rinvieni la via rincuorata di casa, poi

" dopo il lupo delle fragole
nel bosco d'eucalipti,
la fola del lieto fine, il senso
d'un lume di luna dardeggiante negli occhi,
nel silenzio perlato, intendi il consenso
delle cose inutili, trasandate dal tempo
polveroso di memorie;

per la magia del vivere, il passato
non torna, ma suggerisce

una possibilita', quella sfrontata semplicita'
d'estrema sintesi: il gesto.
E tre parole. Attraversare il cielo."

Un altro bardo nuovo, insieme al vecchio
e vino!



***


STASERA...

Stasera son grembo
nel mio bicchier di vino
sono cubito di saggezza
ebbro il mio timone
sono ed ora balla Maria
tra le ante di betulla
alla finestra dei sogni
e tempeste lungo i confini
dell'altro adesso. Maria
balla come se il sangue
fosse un'acqua tinta
e il cuore,
una dolcezza cremisi
in cui affondare i denti

***



STANZE

Resti soltanto un ridere sommesso
Per questa vita mai come l'aspetti
La danza dei miei giorni scardinati
Turbina pioggia e sole in alternanza

Il tempo che mi scorre fra le dita
E' sabbia di castelli fantasia
Corsara col suo vento che dirocca
Come carezza intensa di tempesta.



***

































OCCHI STELLATI

I tuoi occhi
prima dell'amore
m'hanno fregiato il sangue,
senza pudore, intrepidi
fremendo presso il vespro.
Anima, calda, fontana
nel mezzo del cratere,
granaio, sei diventata,
valle silente. Fuoco
che appicca al cuore

e smuove, dopo l'amore,
un ettaro di vigna,
una caraffa chiara
e prolungarsi di tramonto,
occhi stellati,
fino all'aurora, sei.



***


SEMPLICEMENTE MARTA


Venne domani
sul bordo del giorno.
Oggi,
giusto come ieri,
giunse l'ospite,
il salvatore e il suo sorriso:

erano gli occhi,
credo. Forse
dimentichiamo

la consapevolezza
desolata, l'ultima battaglia persa:
dico per me
e per la mia aria
da scampata, mastico
il fato sul bordo
della strada,
aspetto.

Il mio nome è Marta
e significa
la padrona di casa.

Le parole hanno sentori
di fiori,

se le sfiori.
Il mio nome è Marta
e sono, semplicemente.



***




L'EREDITA'

Attorno al desco del pane
e del vino, dio è ereditario.
L'ora tarda fantastica un'altra coppa
in pantaloni chiari e sottofondo
ma è tempo di parlare della virtù,
il verso nero (pentapodia giambica
non in rima), o la vita di mare;
così, da un mondo all'altro:

il fuoco sacro della sillaba
ozia nelle botteghe,
si nutre di pane, parole marce
e decomposte sono, le promesse.

Questo scrivere poi,
un frammento burlesco
malfattore insolente preso
dal vino e dall'entusiasmo,
che presta orecchio alla favole
e non richiude la soglia.

Delicato riparo d'ombre,
alla luce delle candele,
attorno al desco del pane
e del vino, nessuno
nega la verità.












NEL SILENZIO...


Nel silenzio sprangato
di porte e finestre
ci ridevamo dentro
in penombra d'amplessi.



***



NINNA NANNA


L'uomo rivolge al mare, e dice: racconta.

Nella marea che sale gli scogli di basalto,
con voce modulata alla risacca, domandasti:

dammi una mano! Chi, io?
io, che son di sette mesi
e porto un figlio che,
se non fu crocifisso,
sarà un infame? Tu ripetesti:
invecchio! Spigolo nei ricordi
che ho già riepilogato,
Allora, io scorsi amica

la luce di tempesta in pieno inverno,
vento e lucerna, prima di primavera
e il maggio, ricordi? rose sorprese
i baci? All'equinozio sono
di sette mesi, non ho

che me stessa, e una ninna nanna.




***



SENZA ZUCCHERO


La dolcezza
pone prove negative;
lenta il sangue,
come miele, lo raddensa.
Il caffè, è vero,
potrebbe contrastare questo stato.
Potrebbe,
il moka caldo
e concentrato, il tono,
nervoso, sollevare,
ardito ad eccitare
il fisico per il morale;
ma amaro,
o poco zuccherato.




























L'AUCIELLE D'EDUARDO

Solitudine chiassosa di voli,
Eduardo reca cibo ai colombi
e planando gli uccelli beccano no no
no no no, oggi nun tengo genio.

Vulesse scrivere quaccosa
d'Eduardo e de' palumme
e della fissazione d'Edua'
ca 'nce dà a mangia'
ogni juorno, e nun se scorda;

isso è capace a rimmane'
dijuno ma 'e palumme no,
l'aucielle hanna mangia'
tutt'i juorni, a' cuntrora.

'Na chiorma 'e aucielli
ca si 'nce passa 'nu crestiano ammjeze,
se fanno cchiù là, 'o uardano
cu 'n' uocchio sulo e: te ne vaje
o no? sembrano pigolare.

Je già mi fisso pe' fatti mije,
figurammece
cu' Eduard' e cu' l'aucielle.
Vulesse scrivere quaccosa
d'Eduardo e de' palumme
sulo ca, oggi nun tengo genio.


***


DI TEMPO IN TEMPO

Proseguendo nel percorso abbiamo visto
teatro e teatro, la danza sulle punte,
nei rintocchi dell'ora, attese d'ombra;
i traffici infernali di babele
e negli occhi, il tempo di guardare.

Gli strumenti del mondo sono trame
sbugiardate, le parole al notiziario
della strage quotidiana, nelle voci,
bellicose, le facce d'ogni giorno
e quella morte formidabile
del mare, l'albero, i bambini,
sepolti, i sentimenti; la visione
tormentata e negli occhi,
il tempo di guardare.



***


PRIMA SERA...

Prima sera di novelle e nostalgia:
la parola abbandonata, lungo giorni di cartapesta,
viandante d'anima libera visse
scalza sui rovi mistici del dio di maggio;
coll'andare indefinito alla fine d'un amore
liso, di cotone e raso

la mia fata vagabonda nell'attimo,
nulla e l'aratro della vigna appresso
apprese a primavera e solchi di vita
rinvenne poi trascurando qualcosa,
come d'un soffio si fece preghiera.



***






















INVOCAZIONE

La materia prima ricca di memorie
e una visione, naturale
nei sensi, madre vezzeggiata.

" Fatti bella, sposa novella,
ricorda le luci dell'attesa
per il ritorno ed il conforto,
dopo il tempo del digiuno,
dall'alba al vespro, un sorso
d'acqua a soccorso e guarda,

deposto il cuore accanto al melo,
attraverso un velo fine,
la luna appena sorta:
una celebrazione
o solo una preghiera."

Verrà la festa antica delle messi,
danzeranno le donne e canteranno
negli spazi, al suono di tammorra
dipinta a tinta viva, glorieranno:

signore degli esseri, signora!
offriamo bevande di canapa
e d'uve, di polveri colorate
ci cospargiamo il capo e domandiamo
il nostro giorno, la terra e l'abbondanza.



***



RACCONTANDO

" Morivo dalla voglia
di raccontar al foglio
quattro righe dall'aria importante."

Sfrontata anima
fatata, mia fata animata
col fare delle mani,
allora,

racconta!

" Strilli: un assassinio!
Una strage! Sangue versato
da un'apocalisse tutti i giorni
che scontiamo, fin all'ultimo.
e ci appartiene!"

ebbene?
Racconta!

"Come attenuante, cerco la pace
e mi vergogno, talora."

In nero
e vesti eleganti, sorella,
in nome d'iddio, tuo alias,
cos'altro racconti?

" Indosserò i miei stracci
di narciso e mi assolverò
senza sosta dalle parole
nelle parole: un taglio d'ombre,
il culmine ignoto. Pausa,

sul sentiero delle opere,
brucio un pregio d'incenso
alla stagione che avanza:
ora rintocca,
e non racconto nulla."
























LA VITA POSSIBILE

Una sfida di ballo
alla laguna della luna
nel corallo; il filo sottile
tessuto senza traccia
e se qualcosa di troppo
o se manca:
ripari aspetto, attese lente:
è ancora innamorata
questa luna di passaggio.



***


Nel mistero del cuore

La mia resurrezione

Io fondo sulla pace.


***



MARIA


Sette nomi ti darò
e poi saprò
che scegliere. C'è un percorso
da fare, molto semplicemente e c'è
il silenzio dentro l'emozione
per una predizione che s'avvera:

alba chiara bianca
nell'ombra alla cintura
e i sogni d'aquilone:
arcangeli di piuma e più
mia gioia bruna grazia,
nelle sonate di mandolino
ovvie alla luna. Nelle parole

tue di vento o di cristallo, tue
nella voce tramontata della sera,
un omicidio nella notte matura
col sangue che dispera
e fuggi per spogliarti sulla riva,
nel cielo senza sole e senza stella.

Maria, ti chiamerò! Maria,
come ti piacerebbe, forse
in un segreto abbandonato
amore e trafitto come accade
o recando novità, ritorni.
Maria. Ode gitana, romantica
giornata casta, oscura. Maria,

ti darò nome così lo soffierò
a una croce e a una conchiglia;
polvere fra le ciglia
nel correre del vento, tempo
perfetto per una canzone: Maria,
una chitarra, le parole e canta!























Famme canta' 'e muri'!

quando il mio tempo colmo
sorvola la laguna,
famme canta' 'e muri'.
Poi non domandero'
che un giuramento,
al chiaro delle stelle,
nel centro sconfinato
del silenzio, nella notte
al mormorio del mare:

famme canta' 'e muri'.



***



MARINAIO

Da un mondo all'altro navigo
nella mente e nell'astratto
visito mondi infami
e paradisi. Ormai contagiato
marinaio vago cercando
l'approdo saldo che cura.




***






















MAI NATI

Angeli d'altro coro

immolati al tempo

del sacrificio e mani

giunte alla fine

come spade spezzate

nel mio ventre a sangue

nei silenzi di metallo

lungo il muro agli occhi

lastre di lacrime.



***


DELL'ANDATURA

Mio cuore di bolina
e senza sale
ti perdo nei marosi
d'ogni coppa;
il tomo della fiabe
sottosopra,
insinua tutta pura
l'anarchia.

Vivi felice
ed incompiuta
e a lungo, anima
controvento.
























LA CURA

Sono il tuo corpo,
le sue labbra, delirio mio.
E' lo scintillio degli occhi,
ardente, il filo delle forme
ed io, son io che entro
ed esco dalle tue porte;

riverso ai tuoi colori
maturati al sole,
bianco latte della luna
e muoio, stemperato inganno,
all'incanto delle tue anse
nascoste, le soste
promesse dove il desiderio
diventa cura.



***


Un monile d'istanti
ti donerò, di tutte l'acque
berrai con me nel cavo delle mani.
Ti colmerò
di cieli riscoperti. Una collana d'ore
minute d'oro e questa mia passione
t'adornerà, poi la tua bocca
quando profuma in canto.























LE VESTI NUOVE

Prendi le mie notti
e ch'io non trovi
albe nuove
ne' tracce alla marea
poi dammi le tue note
d'ombra, alticumuli
e tempeste. Rinasco
oscuro, stravagato d'astri,
disdegno i giorni
affranti di sole;
la mia stagione
e' vesti d'uragano.
Noi due, per mano
sul greto dei fanciulli
mesti negli occhi
e se sara' morire,
niente di nuovo
o la folgorazione;
passi senz'orme,
carezze senza dita.

Alla deriva il mare
bisbiglia una canzone,
nel fondo della notte
e mi ridesta.



***


CARMELA

Che vuo' dicere, Carme',
che 'a vita è stata 'na scummessa
storta ca nun è juta
comme vulive tu?

Me uardi cu' chist'uocchie
nire 'e fuoco, ca parlano,
sulo ca, je nun capisco.
Dici, Carme'. Che vuo' dicere,
ca nun abbasta nu' cielo
celeste o 'st'aria 'e primmavera,
ca 'o munno gira comme sape isso
e no comme dicive tu?

Carmela mia, core pe' ciento vase,
forse sarrà accussì: 'o tiempo
se ne va, e va pe' fatt' suoje,
nuje? nuje 'nce arravoglia
e po', fernesce llà.

Tutt''e dulure, 'e lacrime
d'ammore, a ciorta jastemmata,
la caduta, che so', Carme' ?
Nuje simme vive,
l'uocchio lampa ancora
e 'a capa è fine, pe' furtuna.
Carme', lo so, si' femmena,
nun basta addore 'e mare,
nun servono 'e parole
nemmeno tant'ammore,
si' femmena, Carme',
'o punto so' i denari.






























Per questo motivo.

che cos'è l'azione,
la prigionia dell'essere,
un campo spirituale?
Attraverso la sapienza
delle prime leggi:

nell'ambra del nero d'avola,
la favola ingenua,
astuta di vigna, l'altra
metà del sole.

Per questo motivo:
il mondo m'attrae,
il mondo di domanda
e di risposte,

la conoscenza
esatta dei miei fiori,
le spire della mente. Un serto
o la ghirlanda dove piove
quest' altro carnevale di coriandoli.

Per questo motivo.




























DE LA PRIGIONIA

Sono prigioniero della mia generazione,
un'acqua salata, un cielo dopo l'altro,
qualche bicchiere di troppo,
l'intoppo inevitabile e i sogni,

un disastro! Così divenne
l'abitudine in più, le parole
estorte dal cuore, nel piacere
o per la vanità di vivere e dire:

morirò nel sonno, se smetterò
di fumare, se un'anfora
dalla forma cara,
non verserà in un calice decorato,
questo veleno puro, essenza
tossica davvero molto rara.

Allora, la mente si depura
dai sedimenti del suo tempo
e non importa se il sentimento
langue, è il sangue se corre,
che conta, che sente, che deve

indovinare quell'altra vita,
questa promessa mai compiuta,
orgoglio misto a dubbio
quando alla fine, oggi come oggi,
se chiudo gli occhi non volo.


***


MUTAZIONE

Quale canto alle nenie del tempo
e quali danze nello spazio tra i passi.

Narrano storie antiche
d`acqua passata, invano
l`eco rimbalza i pozzi.

Recando luci all`ombra sono
svaniti abissi e petali di fiore
mutano in pioggia rosa.

Dal fondo all`alto, dall`alto al plesso,
affiorano visioni: altro divento.



























HAREM

Gioia irriverente vive
nella casa dell'anima
con onesti fulmini e saette,
un'acquamarina presuntuosa
e dolcezze d'uva rossa.

Il fiore di maggio divenne stella
nell'ostrica e l'amarena,
frutto di rosabruna.

Eva sulla luna
in bilico sul fil di falce
crescente e chiara vera
sui fondali serena e
selvaggia. Azzurra orchidea

la signora dei sogni blu cielo
è una pecora nera dal cuore d'oro e
per puro caso il mio mediterraneo
vagheggia quest'harem di nomi
tra l'alfa ed un tau d'idiomi.


***


DISTICO DI MARE

Nell'arcipelago dei tuoi dettagli,
quell'isola di fronte m'appartiene.










ALTRIMENTI MARIA

Morii dopodomani,
in un giorno chiaro e possibile
al suono del sole che nasce,
alato canto ed altrimenti.

ma che c'entra altrimenti
avrei scritto verità ineffabili e foto
avrei posto sulle foglie come un gioco
di dialoghi in aprile e poi
mi chiamo Maria e quel che annoto
è il mio divertimento; il mio lavoro
è scorrere stagioni, altrimenti

morirò avant'ieri,
dove la notte è nera come graffio
di matita impunturata al cielo
quando la mina cede e resta
l'inutile calamo incolore

ed il dolore diluisce in nostalgia
che lo sa dio se occorre,
una sensazione di leggero smarrimento,
una percezione selettiva, qualche emozione.

Prima di morire
da un giorno all'altro,
mi alzai per riguardare
questi appunti scribacchiati:
un vero e proprio urto
m'assalì con la necessità.

In piedi, con giacca e cravatta
slacciata o sbottonata Maria,
quest'oggi così mi chiamo,
ha l'aspetto d'un fantasma
e non desidera altro
che addormentarsi sul divano.




***

























MA CHER

E' una conclusione comprensibile,
nell'imperfezioni della bellezza,
nei riferimenti incerti o nei ritorni,
racconti neri del mio cuore,
camera oscura sull'uscio degli eventi;

in un cumulo di nuvole selvagge
corri libera, ma cher, stanotte
mi parli in riva al mare, come se fosse tempo,
mentre curva la luna reca premura ai sogni
e un vento lento sgretola il giardino.


***


ALLA SPERANZA

Fu costrutta per l'antico,
questa frase e accampa
cenni simbolici come
la fiamma che arde
nel centro, inestinguibile,
l'anima, eternamente:

sillabe dell'inconscio
neil ritmo d'un linguaggio segreto
d'energie che impongono
a dar loro dei nomi:

l'amore , la morte; il dolore,
la sorte; il pazzo, le carte
del mazzo, coi fiori ed i cuori
nel nesso connesso sul punto
virtuale fra dire e non dire.

Così, metti che la luna nuova
sia festa d'armi deposte,
col cuore che resta, le mani libere e
gli stessi sandali, senza pudore
sedendo sulla testa o sulla punta del naso,

io canto
alla sapienza della speranza,
e all'alba di domani.


***


POI...

Poi diventeremo dèi,
ad ogni battere dell'ora,
quando prende la nostalgia
di paradisi e la madre celeste
è sull'uscio che il vento batte
e serra; uno spiraglio,
nel buio taciturno dei giorni
nel silenzio; un goccio d'assenzio,
sulla vita nuova, malgrado noi
o rincorrendo un sorriso alla soglia.


***


SUL VUOTO

Non resta più che il limitar dell'orlo
poi oltre nell'ammanco della cruna:

il vuoto può ferire:

all'ombre lunghe chiederò ristoro,
m'eclisso come sole, come luna.






















Ad invertire un destino segnato,
che bramate sulla soglia del cuore?

Occorre il miele per lenire le avversioni
ed ora con mano morganatica
accarezza un commercio d'ore:

Buongiorno, a servirvi!

" Pioggia di spiccioli
nella custodia cremisi
del violino di strada dell'artista.

Era un'onda che risuonava dai vicoli
e uomini e donne, erano intorno."

Un giorno come un altro,
con tutte le devozioni,
valicando da un canto all'altro:

in verità vorrei, vorrei
aprire una cantina sui miracoli
ma il vino, è stato detto,
devono venderlo i cantinieri.


***


RANDOM

Raggirando il random
dei concetti a caso,
fra le parole in cerca
di un senso, il fato.

un ristoro di risa,
alla pagina trecento;
la verità sottratta
dalla frase di un periodo:

raccolsi fulmini per farne nastri
al tempo mio, al tuo che segui.

***


IL CASO E IL FATO

Come se avesse mai saputo il fato,
l'impronta che non riconosce il caso.
La casa dove viveva era completamente tale
e quale relegata ai margini del sentimento,
lungo un viale di latifogli arancio,
lastricato dall'ocra delle fronde.
Ne usci' di slancio e si precipito' verso occidente,
la dimora, divelto il viale, abbandonata
e le betulle. Crede d'amare, il tempo,
dilapidando fiori, catene e mari,
occhi fondi d'abisso, i colori d'autunno.
Ambrato inconveniente: le promesse mantenute
fra le dita agili, fondendo gli estremi in raro equilibrio.


























AUTORITRATTO

Ho tramato pezze di speranza
per rammendare l`anima mia
sdrucita nel cuore del mondo.
Ho cantato canzoni liete
al mare silenzioso del mattino
mentre calava la luna di marzo.
Con la veste lacerata di scirocco
ho contemplato nubi a perdifiato.
Ho cercato la coppa dei vini,
le danze nella musica, i baci
dell`amata. Lascio l`ombra dell`albero,
gli usignoli in giardino, il respiro
tenue del tempo. Roma, New York:
il passato, il futuro, il presente
rivoltato, abbattuto dal nulla;
la mia fantasia insana;
le strade secondarie,
le pozze della marea; il pianto
lontano dei gatti. Sussurri
l'anima mia, tutta la notte.


**


OMAGGIO


Voglio costruire una zattera del tempo
o una lampada ad olio,
per redimere la colpevolezza mia
d'aver ceduto
alla vanità di dire.

***

Addà spunta',
'sta vita addà spunta'!

Pure si vuo' murì
ca te si rutt''o core
e s'è scassato ammore,
pure 'mmieze 'e paure,
cu' ll'uocchie 'nfuse e i pied'annure;
si vuo' vula' cielo e chianure
d''int' terra e mare
fore Castellammare, ammente
a Surriento refola giallo 'o viento
de' ll'arance. E po' si vuo' campà
meglio pe' figlie, l' famiglie, stù cunsiglie
'e foglie sfrunzulate accà e a llà
da lu scirocco:

addà spunta',
'sta vita addà spunta'.
Addà spunta' afforza!



































VATICINIO BREVE

Lo stormo di dodici uccelli virò d'improvviso verso oriente e per un
riflesso della luce sui piumaggi, parve d'argento. Gli àuguri trassero i
loro presagi e i litomanti scrutarono le pietre; gli aruspici, le mani
inondate dal sangue, osservavano le viscere del sacrificio mentre oltre,
metereomanti, amanti romantici, divinavano le nuvole.









...